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CorFio - Altissima tensione, confronti duri al Viola Park. Smentite e patti infranti: altro che l'unità sbandierata

3 min di lettura

Dalla gara della svolta allo psicodramma collettivo. Il rigore della discordia, quelle regole disattese. Ora assicurano: chi non merita sta fuori

Doveva essere la gara della svolta, è diventata uno psicodramma collettivo. E il risultato, per quanto pesantissimo, probabilmente non è nemmeno l’aspetto peggiore. Il Viola Park più che un fortino è una prigione. Più che un rifugio, un covo dentro al quale son cresciute incomprensioni che sabato sono fragorosamente esplose anche all’esterno e che ieri hanno avuto una coda se possibile ancora più grave, scrive il Corriere Fiorentino. 

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SMENTITO. Ennesima dimostrazione di come alle parole non seguano mai i fatti. Vale per i proclami di grande unità sparsi ai quattro venti dopo la scenetta col megafono di Bergamo, così come le regole (per esempio sull’uso dei social) che il nuovo allenatore aveva annunciato nel giorno della sua presentazione. Tutto nasce dal calcio di rigore trasformato da Mandragora, e dalla discussione tra il centrocampista e Kean (con l’intervento di Ranieri per allontanare Moise) per chi avrebbe dovuto calciarlo. «Il rigorista era Gudmundsson — la spiegazione di Vanoli ma non se l’è sentita. Il secondo era Mandragora ma Kean da attaccante che non sta trovando il gol voleva calciare...». Una ricostruzione arrivata dopo due ore di confronto nello spogliatoio. Tempo per chiarirsi insomma ce n’è stato, così come per studiare una comunicazione comune. E invece no. Perché ieri Gud ha deciso di rispondere sui social smentendo, di fatto, il suo allenatore. «Non ho mai e non rifiuterò mai di prendere un rigore, ho sempre tirato i rigori per il club senza problemi. Ieri un altro giocatore ha preso la palla e voleva calciare e io non sono quel tipo di persona che litiga con il mio compagno davanti allo stadio pieno».

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CONFRONTI DURI. Una presa di posizione forte, arrivata in una mattinata nella quale il gruppo prima di allenarsi ha avuto un nuovo confronto. Quello del giorno prima, evidentemente, non era bastato. L'allenatore (sia sabato, che ieri) avrebbe usato toni anche molto duri. Della serie: certe scene non si possono accettare, e da ora in poi non si guarderà più in faccia nessuno. Un concetto che ha trovato eco anche nelle parole del d.s. Goretti. Tradotto: chi non merita, sta fuori. Anche se ha nome, ingaggi e ruolo pesanti. La tensione è altissima insomma, e a questa si aggiungono le gravi e ingiustificabili minacce ricevute sia dai calciatori (Dodò, ma non solo) che dai loro familiari. Figli compresi. E pensare che, dopo la sconfitta con l’Atalanta, si parlava di «momenti bellissimi», di «soluzione ad un passo» e, soprattutto, di «ambiente mai così compatto». Tutto dimenticato e, soprattutto, spazzato via dalla realtà.

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