Bojinov: "Sognavo il Pallone d'Oro a Firenze, risposi male a Della Valle e non andai all'Inter"
Le parole dell'ex attaccante bulgaro: "Corvino il Messi dei direttori sportivi. A gennaio 2006 mi comportai da testa di..."
Su La Gazzetta dello Sport intervista a Valeri Bojinov, ex attaccante della Fiorentina. Nel 2023 ha smesso col pallone dopo 18 squadre in trent’anni in giro per il mondo. Oggi lavora con la federazione bulgara. «Mi piacerebbe fare il direttore sportivo, ma poi la vita è finita.
La generazione è cambiata e oggi chi fa questo mestiere lavora 20 ore al giorno. Ho avuto la fortuna di avere Corvino, lo Special One dei direttori, il Messi del suo mestiere. Dobbiamo inchinarci davanti a lui. La sua vittoria è stata scoprire giocatori sconosciuti e rivenderli».
ZEMAN. «All’inizio mi stava quasi sulle palle. Ci furono scontri. Il giorno della presentazione, ad esempio, lui parlava piano, non sentivo niente e mi misi a ridere. Lui si girò di scatto e disse: “Ridi Bojinov, ridi, che da domani rido io”.
Un ritiro massacrante: dieci volte i mille metri, gradoni, sacchi di sabbia, scatti. E mentre faticavo mi diceva: “Vuoi diventare come Sheva? Allora corri”. Non è finita: quando in allenamento segnavo un gol, lui fischiava e lo annullava.
“Questo non è calcio”. Una volta mi cacciò via dalla seduta, ma gli chiesi scusa subito. Mi disse che avrei dovuto chiedere scusa a me stesso e che l’avrei dovuto ascoltare di più. Lì capii il suo valore e lo seguii in tutto.
Gli voglio bene. A gennaio 2005 andai alla Fiorentina per 15 milioni dopo aver segnato 11 gol. Se fossi rimasto sarei arrivato a 20, anche perché Vucinic toccò i 19». FIRENZE E DELLA VALLE. A Firenze disse: “Sogno il Pallone d’oro”.
«E ci credevo davvero. Ricordo allenamenti aperti al pubblico e partitelle infinite. Io avevo la mia squadra, Toni la sua. Ogni giocatore metteva 10 euro e a fine mese organizzavamo delle cene». Tra lei e la Fiorentina si infilò l’Inter, come mai non andò?
«Mi comportai da testa di ca…». Ci racconti. «Gennaio 2006, vigilia di una sfida col Chievo. Sono lì che mi rilasso quando all'improvviso squilla il telefono. “Sono Branca, ds dell’Inter”. Penso a uno scherzo, riattacco, ma richiama subito.
“Firmerai dopo la partita”». E poi? «Prandelli mi mandò in panchina. Ero così incazzato che risposi male anche al presidente, Andrea Della Valle. Ricordo le chiamate di Branca e Corvino. “Ma cos’hai combinato?”. Finii fuori rosa e saltò tutto.
Ero un po’ ribelle». CITY E MOURINHO. Un’altra occasione mancata? «La Roma, nel 2008. Colpa di un eurogol al Milan con il City. Il mio agente disse di non fare cose eccezionali, ma io spaccai la porta. E arrivederci Roma. Nel 2010 volai a Parma per giocare di più».
Dove dedicò un gol a Mourinho. Come mai? «Io e Galloppa andavamo a vedere le partite dell’Inter in Champions di nascosto. A marzo 2010 segnai al Milan e gli dedicai un gol. Il giorno dopo mi chiamò, pensai a uno scherzo di Zaccardo, ma in realtà era tutto vero.
“Sarai sempre uno dei miei”, disse. E quando l’Inter ha vinto la Champions mi telefonò per dirmi che quella vittoria era arrivata anche per merito mio, e che avrebbe allenato il Real. Cioè, parliamone: sei Mourinho, batti il Bayern e chiami Bojinov?
Per questo è lo Special One». RIMPIANTO. Un rimpianto ce l’ha? «Aver sperperato soldi in Ferrari, Bentley e Porsche. Tornando indietro investirei in appartamenti. In ogni caso, avrei potuto fare di più in carriera».
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